Casi clinici
Caso Clinico: Davide 13 anni con diagnosi di malattia di Crohn, in fase di attività istologica moderata a livello dell'ileo terminale.
La disabilità intellettiva porta ad esprimere i bisogni primari (come la fame) in modo primitivo e averbale, utilizzando il corpo per manifestare anche i disagi psicologici. Con il termine di paralisi cerebrale infantile (PCI) s’intende un ampio gruppo di disturbi neurologici causati da una lesione permanente, non progressiva, del cervello in via di sviluppo, che si verifica prima, durante o dopo la nascita. I progressi della medicina moderna garantiscono percorsi di cura che favoriscono una possibilità di vita più lunga rispetto al passato e sempre più bambini diventano adolescenti prima e adulti poi. Ma una volta raggiunta la maggior età, come procede il loro processo evolutivo? Anche se la lesione cerebrale che causa la PCI non è reversibile, le sue conseguenze sono variabili e possono modificarsi durante la crescita; questo fa sì che nell’adulto con PC si vedano i quadri più differenti di gravità e quindi scenari diversi di interrelazione con l’ambiente e le persone che li circondano. Per esemplificare quanto può accadere, analizziamo di seguito il caso di un giovane ventenne affetto da disabilità intellettiva grave e linguaggio ridotto a pochi fonemi non comunicativi, ma in grado di muoversi e interagire con l’ambiente.
Il neonato richiede intubazione fin dalla nascita e nutrizione enterale esclusiva per i primi 2 anni di vita. Di seguito, i delicati step nutrizionali per portare in 26 mesi il bambino ai percentili di crescita adeguati all’età. Il seguente caso clinico presenta una situazione clinica e nutrizionale critica complessa. Il quadro clinico è caratterizzato da microcefalia, ipovisione, ipoacusia neurosensoriale e grave ritardo psico-motorio in esiti di encefalopatia ipossico-ischemica. L’assenza completa, inoltre, del riflesso di deglutizione rilevato nelle prime settimane di vita hanno richiesto l’immediato inserimento del sondino naso-gastrico per poi passare alla nutrizione enterale esclusiva tramite PEG all’età di 10 mesi. Alla prima valutazione nutrizionale presso il nostro ambulatorio a 12 mesi il bambino, nonostante la nutrizione artificiale, presenta uno scarso accrescimento in peso e altezza (inferiore al terzo percentile per età e sesso sulle curve di crescita della popolazione generale) Nel seguente articolo trovi i dettagli su come il nostro team di Specialisti, tramite gli opportuni cambiamenti di formule enterali e delle strategie di somministrazione, abbia stabilizzato i parametri antropometrici per rientrare nella media dei bambini di uguale sesso ed età.
Accrescimento, qualità di vita e nutrizione enterale in un paziente di 15 anni con paralisi cerebrale infantile grazie all’utilizzo di una formula a base di real food. Presentazione del caso clinico Il paziente nasce a termine da parto eutocico, dopo gravidanza normodecorsa. Viene intubato al primo minuto di vita per asfissia perinatale (APGAR 0) e necessita di ventilazione meccanica per una settimana. Ne consegue un quadro clinico di tetraparesi spastico-distonica e di encefalopatia epilettica, che necessita di politerapia (valproato, baclofen, diazepam, idrossizina, fentanyl). Si riporta inoltre una sintomatologia da reflusso gastro-esofageo trattata con inibitore di pompa protonica. In anamnesi sono presenti plurime polmoniti ab ingestis (l’ultima all’età di 8 anni), per cui il paziente viene indagato mediante rx del tubo digerente ed esofagogastroduodenoscopia, da cui non emergono elementi patologici. Dal punto di vista nutrizionale si segnala: importante difficoltà nell’assunzione di alimenti per os, dato il quadro neurologico compromesso presenta da sempre uno scarso accrescimento staturo-ponderale introito calorico, calcolato mediante l’anamnesi alimentare, è pari a circa 1000 kcal/die apporto proteico di 40 gr/die (pari a 1.7 gr/kg/die) intrapresa nutrizione enterale tramite sondino nasogastrico (SNG) dall’età di 14 anni.
Risultati positivi in paziente con ritardo psico-motorio, grazie a nutrizione enterale precoce e passaggio a una formula completa con alimenti veri omogeneizzati e ricca di MCT (trigliceridi a media catena). Bambina nata prematura, presenta paralisi cerebrale infantile che ha portato a: ritardo psico-motorio, disfagia e deficit visivo. Le difficoltà della paziente a nutrirsi per os hanno richiesto il ricorso immediato alla nutrizione artificiale. La nutrizione postnatale è un fattore di rischio cruciale del deficit di crescita per cui, come dimostrato da questo caso, è importante abbinare, prima possibile, alla nutrizione per os quella enterale con una formula personalizzata sul piccolo paziente che permetta di migliorare lo stato nutrizionale e la tolleranza. Va, inoltre, considerato che il ritardo della crescita extrauterina è variabile, ma non irrilevante nei bambini pretermine (si manifesta nel 43-97% dei casi) ed è associato, a sua volta, ad aumentato rischio di outcome neurocognitivo peggiore. Nelle seguenti slide, i dettagli su strategie ed esiti nutrizionali che hanno permesso di migliorare l’andamento della crescita nella piccola paziente.
Il caso di un paziente di 14 anni colpito da paralisi cerebrale infantile, malnutrito e con problemi di crescita. Quale miscela utilizzare? Ragazzo di 14 anni con gravi deficit neurologici si presenta all’ambulatorio di nutrizione clinica con un quadro nutrizionale compromesso e gravi difficoltà ad alimentarsi per os. Da pochi mesi gli è stato posizionato un sondino nasogastrico per integrare la dieta orale con la somministrazione di supplementi nutrizionali e nutrizione enterale continua nelle ore notturne. Cosa prevedono le linee guida in un paziente con paralisi cerebrale malnutrito e con problemi di crescita pondero-staturali? È preferibile utilizzare una miscela normo o ipercalorica? Normo o iperproteica? Che tipo di miscele utilizzeresti per questo paziente? Un approfondimento nel seguente caso clinico a cura del Dott. Norsa, Pediatra gastroenterologo.
Il paziente pediatrico neurologico presenta spesso problemi di crescita a causa di disfagia, problemi gastrointestinali e malnutrizione, nei quali il ruolo della nutrizione clinica è cruciale. Il bambino affetto da una neuropatia cronica presenta molteplici disturbi correlati ad alimentazione, digestione e metabolismo per alterazioni a livello dell’apparato gastro-intestinale. Tutte queste problematiche, unite a disfagia, reflusso gastro-esofageo, vomito, ecc. possono portare a malnutrizione e ad un alto rischio di ritardo della crescita. Nelle seguenti slide troverete un approfondimento sulle possibili cause alla base dei disturbi dello sviluppo di bambini ed adolescenti con disabilità neurologiche. I metodi di valutazione e di gestione della malnutrizione e del ritardo della crescita vengono illustrati analizzando il caso clinico di una bambina di 14 anni che presenta disfagia, vomito e reflussi gastro-esofagei frequenti uniti a stipsi in cui è risultato fondamentale il ricorso a cure palliative nutrizionali.
Nel seguente caso clinico la Dott.ssa Cavallaro, psicoterapeuta, descrive le problematiche nutrizionali e psicologiche da valutare e trattare in presenza di malnutrizione. La presenza di malnutrizione per difetto in un paziente adulto con paralisi cerebrale porta a gravi conseguenze fisiche e cognitive a causa sia del ridotto apporto di nutrienti essenziali sia dell’alterata trasmissione nervosa indotte da entrambe le problematiche. In questo tipo di pazienti è quindi fondamentale una precoce valutazione dello stato nutrizionale e dei fabbisogni di calorie e nutrienti, per evitare i rischi della malnutrizione, senza trascurare il quadro psicologico del paziente e dei familiari se ne prendono cura in modo da garantire i più adeguati interventi nutrizionali e psico-terapeutici per la migliore qualità di vita possibile. Di tutti questi aspetti tratta il caso clinico proposto dalla Dott.ssa Cavallaro, medico psicoterapeuta.
L’uso di una formula a base di sieroproteine di latte si è dimostrato efficace in una bambina con PC e persistenti problemi gastro-intestinali. Il seguente caso clinico, tratto da un caso reale descritto dalla nutrizionista inglese Elaine Measly, riguarda un bambino di 5 anni e mezzo con gravi handicap neurologici e patologie gastro-intestinali. In molti bambini con paralisi cerebrale (PC) si deve ricorrere alla nutrizione enterale (NE) per garantire loro gli adeguati apporti nutrizionali necessari per la crescita e lo sviluppo. Questi pazienti corrono, infatti, un alto rischio di aspirazione, se nutriti per via orale, a causa della frequente manifestazione di disfagia e/o reflusso gastro-esofageo. 1 In questo caso - complicato dalla copresenza di malattia di Hirschsprung, caratterizzata da assenza totale di cellule gangliari nella zone dell’intestino crasso colpite che porta a perdita della peristalsi intestinale2 e da altre problematiche cliniche e familiari, sono stati necessari 5 anni di ricoveri e cambi di alimentazione prima di trovare la supplementazione nutrizionale e la formula enterale in grado di garantire al bambino gli apporti energetico-proteici necessari per la giusta crescita e una buona tollerabilità della NE. Scopriamo insieme i dettagli del caso.
In questo slide kit si spiega come i flavonoidi e gli enzimi proteolitici vegetali e animali abbiano la capacità di moderare l’infiammazione e ridurre l’edema.
La terapia enzimatica è una valida integrazione contro i dolori articolari soprattutto quando la paziente è intollerante ai FANS. Il 75% circa delle pazienti con carcinoma mammario è in post-menopausa e il 50% di tutte le pazienti con carcinoma mammario è affetto da malattia positiva per i recettori degli estrogeni ER+. Gli inibitori dell’aromatasi (IA) di terza generazione (letrozolo, anastrozolo ed exemestane) rappresentano, per queste pazienti, la terapia ormonale adiuvante d’elezione. Nel 60% circa delle pazienti gli effetti collaterali degli IA sono soprattutto a carico del sistema osteo-scheletrico con artromialgie, osteoporosi e rischio di fratture. La comparsa di artromialgie è stata riportata come la causa più frequente di sospensione del trattamento [1]. Il trattamento del dolore è basato sull’impiego di oppioidi, paracetamolo e FANS eventualmente associati alla fisioterapia e all’esercizio fisico [2].
Gli effetti sul miglioramento degli eventi avversi della chemioterapia nel cancro al seno e del colon-retto. La terapia enzimatica rientra tra le possibili terapie oncologiche integrative (MI). Gli effetti positivi della terapia a base di enzimi, proteolitici e pancreatici, sono stati evidenziati nell’attenuare le reazioni avverse ai trattamenti convenzionali (intervento chirurgico, chemioterapia e radioterapia). Sebbene gli studi condotti finora in campo oncologico presentino alcuni limiti (qualitativi e quantitativi), enzimi come bromelina, tripsina e chimotripsina potrebbero trovare una maggiore applicazione alla luce di future evidenze scientifiche nel campo dell’oncologia integrativa. Nel seguente articolo vengono analizzati due studi di coorte storici protocollati rispettando le raccomandazioni della “Good Epidemiological Pratice” (GEP), la linea guida sviluppata dalla società tedesca di epidemiologia. Gli studi presentati nell’articolo correlano la terapia enzimatica con il miglioramento degli eventi avversi legati alla chemioterapia nei pazienti con cancro al seno e del colon-retto.
Confronto tra terapia enzimatica e FANS nel controllo dello stato infiammatorio nei pazienti con questa problematica articolare. La terapia enzimatica è supportata da interessanti evidenze scientifiche che riportano i benefici della combinazione di tripsina, bromelina e rutina negli stati infiammatori acuti e cronici. Nel seguente articolo viene analizzato lo studio clinico randomizzato in doppio cieco con gruppo placebo, pubblicato su Arthritis nel 2015, dove è stata confrontata l’efficacia della terapia enzimatica rispetto al farmaco antinfiammatorio non steroideo (FANS) diclofenac sodico e placebo. La terapia enzimatica si è dimostrata essere tanto efficace quanto il farmaco anti-infiammatorio non steroideo diclofenac sodico nella gestione dell’osteoartrosi al ginocchio. I vantaggi dell’utilizzo della terapia enzimatica si estendono, inoltre, alla possibilità di diminuire il consumo di paracetamolo nei pazienti affetti da questa problematica articolare.
Questo flavonoide ha suscitato un grande interesse nei ricercatori per le sue possibili applicazioni terapeutiche in diverse tipologie di tumori. Le sostanze di base che compongono la terapia enzimatica sono enzimi proteolitici e flavonoidi. Tra gli enzimi troviamo bromelina, tripsina e chimotripsina, mentre Quercetina e rutina appartengono alla classe dei flavonoidi. In questo articolo approfondiremo il ruolo e le evidenze cliniche della Quercetina. La ricerca su questo flavonolo, dal forte potere antiossidante, si è particolarmente intensificata negli ultimi anni. Il suo crescente interesse è generato dai possibili effetti benefici ad ampio spettro. In articoli precedenti abbiamo avuto occasione di pubblicare una overview sulla terapia enzimatica e uno slide kit dedicato ai flavonoidi. La Quercetina appartiene alla classe dei flavonoli e la troviamo ampiamente distribuita nel mondo vegetale. Le risorse impiegate nello studio della Quercetina sono giustificate dai suoi possibili impieghi in medicina come antidiabetico, antinfiammatorio, antiossidante, antimicrobico, anticancerogeno, anti-Alzheimer, antiartrosico e cardioprotettore. I numerosi possibili effetti della Quercetina sono per la maggior parte esaminati in vitro o su animali. Gli studi in vivo sull’uomo sono in numero e qualità crescente, anche se mancano ancora studi scientifici su popolazioni numerose. Di seguito, le principali evidenze emerse da studi preclinici e clinici sugli effetti della Quercetina secondo una recente review del 2010 (1. Salehi B, et al. ACS Omega 2020).
Dalla letteratura, risultati positivi in merito a mucosite e radiodermatite da RT utilizzando la TE, con migliore qualità di vita e bassi effetti collaterali. Gremmler L. e coll. hanno condotto una ricerca sistematica degli studi focalizzati a valutare l’utilizzo, l’efficacia e i potenziali effetti collaterali della terapia enzimatica nei pazienti oncologici in trattamento radio-chemioterapico. La review che ne è derivata (Anticancer Research, luglio 2021) include 15 studi in cui circa 3000 pazienti sono stati trattati per os con enzimi proteolitici (come bromelina, papaina o chimotripsina) allo scopo di mitigare gli effetti collaterali delle terapie anti-neoplastiche tradizionali. I pazienti trattati con TE avevano età compresa tra 20 e 75 anni e presentavano tumori, di diversa tipologia e grado di malignità, a livello gastrointestinale, ginecologico, della zona testo-collo o del polmone. La seguente presentazione riporta la sintesi dei risultati in merito a mucosite, disturbi della deglutizione e radiodermite da radioterapia, oltre ai disturbi gastroenterici e urogenitali evidenziati in corso di RT/CT. Nella maggior parte dei casi la terapia enzimatica è ben tollerata, ma sono necessari studi randomizzati controllati rigorosi prima di formulare delle raccomandazioni in merito.
Ridurre o bloccare i processi infiammatori correlati alle patologie reumatiche osteo-articolari è fondamentale per gestire adeguatamente queste problematiche degenerative croniche diminuendo il ricorso ai FANS. L’osteoartrosi e le patologie articolari di origine reumatica sono strettamente correlate a una situazione infiammatoria che diventa cronica e spesso si traduce in un circolo vizioso autoalimentato. La presenza, inoltre, di obesità rappresenta un fattore di rischio per l’osteoartrosi, non solo per l’aumento del carico sulle articolazioni, ma proprio perché gioca un ruolo importante nel peggioramento dello stato infiammatorio. L’attività fisica gioca un ruolo chiave nell’interruzione del “loop” dell’infiammazione cronica, anche nelle malattie multifattoriali come l’osteoartrosi, grazie alla liberazione di veri e propri mediatori (miochine) da parte dei muscoli quando vengono attivati. Per curare questo tipo di patologie articolari croniche, il clinico può ricorrere ai farmaci, come i FANS, o agire sugli stili di vita (come la dieta e l’attività fisica) ma le gli studi scientifici stanno ponendo l’attenzione sulla attività non solo terapeutica, ma anche preventiva della terapia enzimatica. Ce ne parlano specialisti della materia e clinici.
Enzimi e polifenoli rappresentano una nuova frontiera della medicina moderna e complementare per limitare gli effetti collaterali da chemioterapia e gli stati infiammatori da essa scatenati. Guarda la video-lesson della Dott.ssa Etta Finocchiaro. L’azione selettiva di alcuni enzimi proteolitici (es tripsina, chimotripsina, bromelina) ha stata indagata durante diversi studi Evidence-Based Medicine (EBM) per ridurre gli effetti collaterali della chemioterapia. L’azione sinergica degli enzimi e di specifici polifenoli (come rutina e quercetina) permettono, inoltre, di modulare lo stato infiammatorio nel paziente oncologico e ridurre i danni provocati dalle specie reattive all’ossigeno (ROS). In particolare, i polifenoli interferiscono con l’iniziazione, l’apoptosi, l’angiogenesi e progressione delle cellule tumorali svolgono anche un’azione chemio-preventiva. Nella seguente video lesson, la Dott.ssa Etta Finocchiaro - Responsabile Nutrizione Oncologica, Azienda Ospedaliero-Universitaria Città della Salute e della Scienza di Torino – ci parla dei razionali alla base dell’utilizzo della terapia enzimatica in oncologia, con un approfondimento sul tumore della mammella.
Soggetto molto attivo conduce uno stile di vita sano, non fuma e non beve alcolici, presenta forti dolori al ginocchio con limitazioni funzionali ingravescenti. Un ex-atleta agonista di 45 anni si reca dall’ortopedico in seguito a episodi ingravescenti di dolore al ginocchio sinistro. Gli esami strumentali e clinici evidenziano una grave artrosi con importante degenerazione della cartilagine e formazione di geodi - cavità contenenti liquido mucoso che si generano in seguito a riassorbimento del tessuto osseo -. Il paziente conduce uno stile vita sano: dieta equilibrata, consigliato dal nutrizionista, e attività sportiva che ultimamente ha dovuto interrompere in seguito ai forti dolori e a scarsa mobilità del ginocchio. I sintomi sono tali da causargli zoppia, difficoltà a svolgere le usuali attività quotidiane e a dover ricorrere ai farmaci antinfiammatori (FANS), che però usa solo sporadicamente perché li tollera poco. Quali strategie cliniche e nutrizionali adotteresti in questo tipo di paziente? In quali condizioni la terapia enzimatica potrebbe risultare utile come supporto ai FANS e per ridurne l’utilizzo? Un approfondimento della questione nel seguente caso clinico interattivo.
L’integrazione orale di prodotti enzimatici ad attività antinfiammatoria si sta rivelando utile nella prevenzione e cura dei problemi muscolari funzionali da sovraffaticamento, comuni nello sportivo. I DOMS (Delayed Onset Muscle Soreness) sono dei disturbi muscolari funzionali da sovraffaticamento, secondo la classificazione proposta dal Munich Consensus Statement [1]. Si tratta di problematiche muscolari piuttosto comuni nella pratica sportiva, anche se non è possibile avere dati epidemiologici precisi. Il più delle volte sono disturbi non particolarmente gravi che permangono, dall’insorgenza alla remissione completa dei sintomi, per un periodo compreso tra le 72 e le 96 ore. I sintomi tipici includono indolenzimento, dolore, rigidità e gonfiore a livello muscolare, con biomeccanica alterata nelle articolazioni adiacenti [2, 3]. Tali sintomi variano da molto leggeri a intensi, con inabilità all’esecuzione di determinati movimenti. In questo articolo offriremo alcuni spunti di riflessione sui possibili benefici della terapia enzimatica nella prevenzione e trattamento dei DOMS.
Dieta controllata, attività fisica programmata e terapia enzimatica a cicli sono utili per controllare gli effetti collaterali degli inibitori dell’aromatasi, utilizzati per ridurre le recidive del cancro della mammella. Nel 50% delle donne affette da cancro della mammella si tratta di una forma sensibile agli estrogeni e la percentuale sale al 75% nel caso il tumore insorga dopo la menopausa. Per ridurre, quindi, il rischio di recidive post-mastectomia è frequente la prescrizione di una terapia anti-ormonale a base di inibitori dell’aromatasi. Questi farmaci risultano molto efficaci, ma sono correlati a una bassa aderenza in quanto provocano diffuse artralgie in molte pazienti. Per ovviare o tenere sotto controllo questi dolori articolari di natura infiammatoria sta dando buoni risultati un approccio terapeutico che combina specifici accorgimenti dietetici e modifiche allo stile di vita uniti alla somministrazione ciclica di enzimi proteolitici e flavonoidi – come Bromelina, Rutina e Tripsina.
Il caso clinico del tumore squamoso dell’orofaringe Il tumore squamoso dell’orofaringe (OPSCC) correlato all’infezione da virus HPV rappresenta un’entità clinica sempre più frequente dal punto di vista epidemiologico nei paesi occidentali, riguardando soggetti di età mediamente più giovante rispetto al passato. Dal punto di vista biologico, OPSCC si è dimostrato essere più sensibile alla radioterapia ed alla chemioterapia e caratterizzato da una prognosi migliore rispetto alle neoplasie correlate a tabacco ed alcool. In questo contesto, risulta fondamentale un approccio a tutto tondo al paziente per garantire le più alte probabilità di guarigione, insieme ad un impatto ridotto sulla qualità di vita e sulla funzione d’organo. Cruciale in questo senso è, pertanto, un approccio globale alla nutrizione che coniughi una erogazione attenta e tecnologica della radioterapia, uno studio approfondito della funzionalità deglutitoria ed una valutazione accurata delle esigenze nutrizionali del paziente. Questo caso clinico illustra efficacemente il tipo di approccio clinico descritto. Guarda di seguito la videopresentazione del Prof. Franco, oppure scarica il caso clinico.
Approccio multidisciplinare e costante valutazione nutrizionale possono migliorare la tollerabilità dei trattamenti di radio e chemioterapia. Il seguente caso clinico, presentato dalla Dott.ssa Elisa D’Angelo, Specialista in Radioterapia, coinvolge una paziente anziana, con nota e cronica abitudine etilica e tabagica, resa particolarmente vulnerabile dalla sede di malattia e dalla plurirecidività. La paziente, in trattamento radio chemioterapico, è stata trattata con un approccio multidisciplinare che le ha garantito una costante valutazione dello status nutrizionale, e un inatteso impatto positivo sulla tolleranza alle terapie. Il sostentamento nutrizionale ha in pratica permesso di gestire le complicanze ai trattamenti, anche in relazione al domicilio, riducendo al minimo la necessità di ospedalizzazione.
Il caso dell’adenocarcinoma dell’esofago. Il tumore esofageo ad istotipo adenocarcinoma rappresenta un’entità clinica sempre più frequente dal punto di vista epidemiologico nei paesi occidentali, in rapporto alle abitudini alimentari ed alla prevalenza crescente della malattia da reflusso esofageo e dell’esofago di Barrett. Dal punto di vista oncologico, questo tipo di neoplasia si giova spesso di un approccio terapeutico multimodale, che include radioterapia, chemioterapia e chirurgia. In questo contesto, risulta fondamentale un approccio a tutto tondo al paziente per garantire le più alte probabilità di guarigione, insieme ad un ridotto impatto delle terapie sulla qualità di vita e sulla funzione d’organo. Cruciale in questo senso è - pertanto - un approccio globale alla nutrizione che coniughi un’erogazione accurata della radioterapia secondo le più recenti innovazioni tecnologiche, un’integrazione appropriata con la chemioterapia e la chirurgia, insieme ad uno studio approfondito delle condizioni generali, delle eventuali fragilità e comorbidità del paziente ed una valutazione accurata delle sue esigenze nutrizionali. Questo caso clinico illustra efficacemente il tipo di approccio clinico descritto. Guarda di seguito la videopresentazione del Prof. Franco, oppure scarica l'infografica.
Nutrizionista e radioterapista in stretta collaborazione per prevenire e gestire le complicanze che portano a malnutrizione in una paziente con carcinoma tonsillare candidata a radioterapia. La paziente, una donna anziana fragile con carcinoma squamocellulare della tonsilla palatina destra, viene candidata a un ciclo di 30 sedute di radioterapia con intento radicale di cura. Visto che la letteratura riporta dati controversi su quando iniziare le prime valutazioni nutrizionali per prevenire la malnutrizione e altre possibili complicazioni, viene adottata un modalità di gestione personalizzata e congiunta tra nutrizionista e radioterapista. Il radioterapista, infatti, è lo specialista che vede e controlla quotidianamente il paziente e può, quindi, individuare precocemente i segnali che meritano una valutazione nutrizionale. Conosce, inoltre, gli effetti diretti della patologia testa e collo e gli effetti collaterali propri del trattamento che possono impattare sullo stato nutrizionale della paziente: può quindi procedere con terapia adeguata, mirata alla prevenzione delle complicanze che portano a malnutrizione. Questo, durante tutto il percorso di cura della paziente, compreso il follow up. La Dottoressa D'Angelo affronta la questione nel seguente Caso Clinico.
In questo caso clinico del dietista Filippo Valoriani si evidenzia l’importanza di una valutazione nutrizionale precoce del paziente oncologico al fine di prevenire o trattare la malnutrizione. Il paziente, un uomo di 57 anni con carcinoma esofageo squamocellulare ben differenziato, documentandosi in rete ha applicato una lunga serie di restrizioni dietetiche nella convinzione di “ostacolare” l’accrescimento della malattia oncologica. A seguito di una prima valutazione nutrizionale alla diagnosi (non ne ha mai effettuate prima), presenta una malnutrizione di entità severa. Si esegue perciò counseling nutrizionale finalizzato ad attivare una dieta a consistenza modificata e a fornire corrette indicazioni comportamentali, spiegando obiettivi e ruolo del supporto nutrizionale. In seguito all’indicazione terapeutica e durante il trattamento di chemioterapia e radioterapia si eseguono successive valutazioni e relativi interventi nutrizionali. Da questo percorso si comprende come nei pazienti oncologici malnutriti o a rischio di malnutrizione, il counseling nutrizionale rappresenti la prima opzione terapeutica da considerare. La supplementazione nutrizionale orale rappresenta una soluzione terapeutica in “add on” al counseling nutrizionale qualora il soggetto, attraverso l’alimentazione, assuma almeno il 50-60% dei fabbisogni nutrizionali stimati. Al di sotto di questa percentuale la nutrizione artificiale enterale (integrativa o totale) costituisce la formula terapeutica di prima scelta e più appropriata. La terapia nutrizionale deve in ogni caso essere monitorata con regolarità durante l’iter di cure oncologiche al fine di valutarne tolleranza ed efficacia. Di seguito la presentazione completa del Caso Clinico.
Soggetto di 68 anni sottoposto a CT neoadiuvante e immunonutrizione pre-operatoria. Scopri come la terapia nutrizionale influenza gli outcome e la sopravvivenza. A un uomo di 68 anni, iperteso con patologia sistemica di severa entità stabilizzata, viene diagnosticato un adenocarcinoma gastrico localmente avanzato, non metastatico. La discussione del team multidisciplinare porta a decidere per la somministrazione di 4 cicli di chemioterapia neoadiuvante per cercare di ridurre il tumore. Dopo gli esami re-staging si inizia l’immunonutrizione pre-chirurgia di gastrectomia subtotale. L’esame istologico finale una regressione tumorale. Scopri come la terapia nutrizionale può influenzare il microambiente tumorale, gli outcome perioperatori e la sopravvivenza a lungo termine.
I pazienti con più patologie croniche hanno un maggiore rischio di andare incontro ad outcome negativi. La gestione e il trattamento di quelli che sono oggi definiti “pazienti complessi” nonché fragili, richiede l’intervento di molteplici figure professionali specialistiche, con una gestione integrata che utilizzi un approccio e dei trattamenti personalizzati. Il miglioramento delle condizioni socio-sanitarie, l’aumento della sopravvivenza a condizioni cliniche un tempo fatali e l’invecchiamento della popolazione hanno portato a un progressivo aumento delle malattie ad andamento cronico, spesso presenti contemporaneamente nello stesso soggetto. Il percorso di diagnosi, cura e gestione del paziente disfagico complesso, non deve considerare ogni singola malattia presente come se fosse isolata, ma considerare il soggetto nella sua interezza. Per fare questo, bisogna utilizzare un approccio che tenga presente contemporaneamente le condizioni fisiche, psicologiche e sociali del malato, il suo stato familiare, gli eventuali care-giver e tutta una serie di variabili mirate a identificare le priorità di cura e a pianificare una strategia terapeutica, nutrizionale e assistenziale multiprofessionale e personalizzata. Il caso clinico proposto dal Dott. Riso, esposto nello slide kit sottostante, riguarda una donna anziana in politerapia che si presenta al pronto soccorso con febbricola e vomito dopo assunzione di cibo.
La gestione domiciliare di un paziente allettato, disartrico e difficilmente comprensibile è sempre complessa ed è ulteriormente complicata dall’alternanza di diversi caregiver. Il problema gestionale più rilevante del paziente, estremamente fragile e complesso, di questo caso è la tosse cronica, accentuata ai pasti, presente ad accessi anche lontano dai pasti, con breve asfissia. Questo quadro, unito a ripetuti episodi febbrili nel corso dell’ultimo anno, fanno temere la comparsa di complicanze della disfagia. Le problematiche da risolvere nel caso proposto dal Dottor Ubaldi, medico di medicina generale e gastroenterologo, sono molteplici. Approccio multidisciplinare al problema disfagia Prevenzione e gestione delle complicanze della disfagia Gestione delle comorbidità La politerapia farmacologica L’assistenza domiciliare
Il caso di un paziente con complicanze tardive da trattamento chemio-radioterapico per tumore dell’orofaringe. Paziente di 57 anni, guarito da un tumore HNC (head and neck cancer) trattato con radio-chemioterapia 9 anni prima, si presenta per un controllo manifestando da alcuni mesi difficoltà di deglutizione, con episodio di polmonite da aspirazione, oltre a perdita di peso non volontaria. Quali valutazioni e approfondimenti clinici è necessario eseguire prima di pianificare gli opportuni trattamenti nutrizionali e riabilitativi? Come e quando bisogna calibrare le terapie tramite visite di follow up pianificate? Verifica le tue risposte con il seguente caso clinico interattivo.